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Il cammino della mia vita (Reminiscenze) - Makizo NAKAGAWA


 

01.Cresciuto in una fattoria di allevamento

02.La famiglia della musica

03.Entusiasta di suonare il violino

04.Il servizio militare

05.L’impiegato di una ditta

06.Il soggiorno a Berlino come studente

07.Dal violino al canto

08.Hanafuda

09.Il Bel Canto

10.Hollywood

11.E’ veramente il tenore d’oggi

12.“Il sogno d’amore” proibito

13.La squadra in difesa della frontiera

14.Fantasia Ieraishan (profumo di sera)

15.La Corte Marziale

16.Rappresentazioni di opere liriche

17.Il periodo d’oro cinematografico

18.Le perle dell ’opera lirica

19.La giuria

20.Vivere solo per la musica

 

Nr. 15 La Corte Marziale

Quando finì la guerra mi trovavo a Shangai.Quale rappresentante del Quartiere Generale dovevo rimanere a Shangai per assistere i soldati giapponesi che, via nave, rientravano in patria dalla Cina.Ritornai in Giappone l’anno dopo, ma, subito dopo il mio rientro, nel novembre del 1946, venne la polizia militare nella mia casa di Kyoto.Mi dissero: “Devi ritornare a Shangai perché sei stato chiamato dalla Corte Marziale come testimone in un processo”.Non era un’arresto, ma una semplice richiesta di comparizione come testimone.Tuttavia era una richiesta perentoria e fui costretto a ritornare a Shangai.

Qui si conduceva un’inchiesta su alcuni militari giapponesi e tedeschi per accertare la veridicità di quanto da questi dichiarato in merito al fatto che la Germania avesse o meno inviato informazioni militari in Giappone anche dopo la sua resa.Un’ufficiale dello Stato Maggiore aveva testimoniato una cosa e un collaboratore del Quartiere Generale, che faceva l’interprete di tedesco, ne aveva testimoniato un’altra.Due persone avevano testimoniato in due Corti Marziali distinte senza conoscere le dichiarazioni l’uno dell’altro.I giudici pensavano che uno dei due dovesse aver detto il falso e colui che l’aveva fatto rischiava il carcere.Da me volevano proprio sapere chi dei due avesse mentito.Per una settimana intera essi insistettero con la stessa domanda giungendo anche a minacciarmi, ma io continuai a sostenere che probabilmente entrambi avessero detto quella che essi credevano fosse la verità.Non volevo certamente che né il mio collega né il mio superiore andassero in prigione per reato di falsa testimonianza a causa di una mia dichiarazione.I giudici insistevano asserendo che la verità poteva essere una sola e che io stavo dando falsa testimonianza e dovevo essere condannato a morte per crimini di guerra.Non c’era naturalmente nessuna connessione fra ciò che io avevo dichiarato e i crimini di guerra, inoltre pensavo che non si potesse far diventare imputato un testimone, ma essi cercarono di spaventarmi con il solo scopo di ottenere una mia dichiarazione.

Alla fine mi salvò l’ottima impressione che fece su di loro un avvenimento realmente successomi e che ebbi l’occasione di raccontare durante il processo.

Nel corso della guerra, quando morì il presidente americano Roosvelt, avevo fatto abbrunare le bandiere in segno di lutto in cinque località di Shangai.Nell’interrogatorio mi capitò di parlare di quel fatto e sostenni che ritenevo doveroso fare le condoglianze per la morte di un personaggio nemico, se non altro per puro spirito di cavalleria. I giudici non volevano credere che l’avessi realmente fatto e mi chiesero di dimostrarlo.Su mia richiesta fu allora chiamata in aula una anziana donna inglese che avevo conosciuto in quel periodo e che sapevo essere a conoscenza del fatto.Questa era infatti la proprietaria di un bar che avevo frequentato e che era una delle cinque località nelle quali avevo fatto abbrunare le bandiere.Quando ella entrò in aula mi preoccupai per quello che avrebbe potuto dire o ricordare, ma ella subito dichiarò : “Quest’uomo è un signore.Solo lui mi pagava correttamente il caffé.Lui mi fece abbrunare la bandiera in segno di lutto e me ne rilasciò l’autorizzazione scritta sul suo biglietto da visita”.Quando la signora terminò la sua dichiarazione, i giudici si dissero pienamente soddisfatti e cessarono immediatamente l’interrogatorio.Mi lasciarono subito libero e anche l’ufficiale e l’interprete furono riconosciuti innocenti.

Quando avevo fatto abbrunare le bandiere, i miei superiori mi avevano ordinato : “Deve ammainare subito le bandiere”, ma io avevo risposto : “Questo fatto potrebbe avere degli effetti positivi.Se ora ammainiamo le bandiere già posizionate, ciò potrebbe avere l’effetto contrario”A dire il vero feci quello che credevo fosse più giusto fare.Nemmeno potevo immaginare che questa azione mi avrebbe salvato da una situazione veramente difficile.

A giugno del 1995 è venuto in Giappone, del tutto inatteso, il signor John Stessinger, uno studioso ebreo che vive in America.Quando ero a Shangai, anche con l’aiuto di altre due persone, ero riuscito a bloccare l’internamentoin campo di concentramento di alcuni signori ebrei fra i quali c’era pure il sig. Stessinger.

Egli è quindi venuto in Giappone per espremerci il suo ringraziamento e quando mi ha detto : “Vi devo la vita” gli occhi mi si sono velati di lacrime al ricordo di quanto successe più di 50 anni fa.

 

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